PASOLINI, LA CHIESA, IL POTERE

PASOLINI, LA CHIESA, IL POTERE

Il 22 settembre 1974 Pier Paolo Pasolini pubblicò sul «Corriere della Sera» un articolo con questo titolo: «I dilemmi di un papa, oggi». Nella raccolta degli Scritti corsari, uscita nell’anno della sua morte, il titolo fu modificato in: «Lo storico discorsetto di Castelgandolfo».

Il riferimento era alle accorate parole pronunciate da Paolo VI nell’udienza generale dell’11 settembre 1974 (il 12 – 13 maggio 1974 la Chiesa cattolica e i suoi sostenitori avevano subito una bruciante sconfitta nel referendum abrogativo della legge italiana sul divorzio), che iniziavano:

«Il mondo cambia … tutto è in movimento. Perciò la Chiesa è in difficoltà».

Singolare osservatore degli avvenimenti, nell’intervento di Pasolini spiccava un’annotazione:

«Ma questo è certo: che se molte e gravi so­no state le colpe della Chiesa nella sua lunga storia di potere, la più grave di tutte sarebbe quella di accettare passivamente la propria liquidazione da parte di un po­tere che se la ride del Vangelo. In una prospettiva ra­dicale, forse utopistica, o, è il caso di dirlo, millenaristica, è chiaro dunque ciò che la Chiesa dovrebbe fare per evitare una fine ingloriosa. Essa dovrebbe passare all’op­posizione. E, per passare all’opposizione, dovrebbe pri­ma di tutto negare se stessa. Dovrebbe passare all’oppo­sizione contro un potere che l’ha così cinicamente ab­bandonata, progettando, senza tante storie, di ridurla a puro folclore. Dovrebbe negare se stessa, per riconqui­stare i fedeli (o coloro che hanno un «nuovo» bisogno di fede) che proprio per quello che essa è l’hanno ab­bandonata.

Riprendendo una lotta che è peraltro nelle sue tradi­zioni (la lotta del Papato contro l’Impero), ma non per la conquista del potere, la Chiesa potrebbe essere la gui­da, grandiosa ma non autoritaria, di tutti coloro che ri­fiutano (e parla un marxista, proprio in quanto marxi­sta) il nuovo potere consumistico che è completamente irreligioso; totalitario; violento; falsamente tollerante, anzi, più repressivo che mai; corruttore; degradante (mai più di oggi ha avuto senso l’affermazione di Marx per cui il capitale trasforma la dignità umana in merce di scambio). È questo rifiuto che potrebbe dunque simbo­leggiare la Chiesa: ritornando alle origini, cioè all’op­posizione e alla rivolta. O fare questo o accettare un po­tere che non la vuole più: ossia suicidarsi».

In tempi recenti Fulvio De Giorgi ha giustamente messo in rilievo quell’intervento di Pasolini: «rimase senza sviluppi l’acuto articolo (…). Pur avendo tono di  acre critica e di severa censura, tuttavia – sfrondato dei suoi aspetti polemici, in fondo secondari, anche se indubbiamente all’epoca più appariscenti – il testo pasoliniano (…) coglieva il nodo dell’ultimo Paolo VI, alla ricerca di un nuovo paradigma pastorale che rispondesse positivamente alle sfide della secolarizzazione (…). Commentando, dunque, questo intervento papale, Pasolini ne riconosceva l’onestà sincera, di portata storica, perchè in esso si ammetteva “la fine del ruolo tradizionale della Chiesa durato ininterrottamente duemila anni”»

L’articolo gli valse un sarcastico commento dell’Osservatore Romano.

Agli inizi del mese di ottobre, sempre sulle pagine del Corriere della sera appariva «Chiesa e potere», ripubblicato con il titolo  «6 ottobre 1974. Nuove prospettive storiche: la Chiesa è inutile al potere», Pasolini replicava:  «É questa particolare cultura vaticana, come mancanza di reale cultura, che probabilmente ha impedito all’articolista dell’«Osservatore Romano» di capire ciò che io ho scritto sulla crisi della Chiesa. Che non era affatto un attacco: era invece quasi un atto di solidarietà – certo, estremamente anomala e prematura – dovuta al fatto che – finalmente – la Chiesa mi appariva come sconfitta: e quindi finalmente libera da se stessa, cioè dal potere (…). Se vuole sopravvivere in quanto Chiesa, la Chiesa non può dunque che abbandonare il potere»

Nella raccolta degli Scritti corsari vi sono altri testi che manifestano la sua particolare, e acuta, attenzione al fatto religioso: Vuoto di Carità, vuoto di Cultura: un linguaggio senza origini (prefazione del maggio 1974 a una raccolta di sentenze della Sacra Rota, curata da Francesco Perego. Sull’argomento ritornava con La Chiesa, i peni e la vagina); Don Lorenzo Milani: «Lettere alla mamma» (o meglio «Lettere di un prete cattolico alla madre ebrea» (a proposito della raccolta curata da Alice Milani Comparetti, Arnoldo Mondadori Editore, 1973); Le cose divine (a proposito di un’edizione della Imitazione di Cristo e delle Omelie a San Paolo fuori le mura di dom Giovanni Franzoni). Non mancano analoghi spunti anche in altri testi di quella raccolta.

La ricorrenza del centenario della nascita (1922) ha attirato di nuovo l’attenzione sulle posizioni di Pasolini sulla Chiesa cattolica e sulla religione in generale. La ricorrenza del cinquantenario (1975) potrebbe suscitare ulteriori riflessioni in merito.

 

Riferimenti bibliografici

Il testo di Paolo VI si può leggere integralmente in http://www.vatican.va/content/paulvi/it/audiences/1974/documents/hf_p-vi_aud_19740911.html

I due articoli di Pier Paolo Pasolini sono pubblicati in Scritti corsari, Milano, Garzanti, 2013 (1975), pp. 77-87.

I dilemmi di un papa è riportato  in: https://pasolinipuntonet.blogspot.com/2013/01/22-settembre-1974-lo-storico.html

Nuove prospettive storiche si può leggere in: https://www.cittapasolini.com/post/nuove-prospettive-storiche-la-chiesa-%C3%A8-inutile-al-potere-pier-paolo-pasolini-corriere-1974

Il commento di Fulvio De Giorgi si legge in L’interpretazione storica della figura e del pontificato di Montini. Principali paradigmi ermeneutici e nodi storiografici, Da Montini a Paolo VI: un umanesimo religioso nel pensiero e nel governo della Chiesa. Un bilancio storiografico, a cura di Riccardo Saccenti, Camaldoli,  Edizioni Camaldoli, 2021, pp. 45-79.