JORGE MARIO BERGOGLIO PORTEÑO

JORGE MARIO BERGOGLIO PORTEÑO

Nella profluvie di volumi su Jorge Mario Bergoglio/papa Francesco, compresi quelli in cui risulta come autore oppure intervistato, in effetti un libro uscito un paio di mesi prima della scomparsa del pontefice si è esplicitamente presentato in modo diverso: Una biografia politica. L’autore è uno studioso italiano, che da molti anni si occupa di America latina e in particolare di Argentina. Egli propone una risposta analitica, ma parziale, a un quesito ricorrente, sulla componente peronista nell’identità di Jorge Mario Bergoglio e dal ruolo esercitato negli anni del pontificato.

L’approccio al problema è stato presentato nei testi editoriali che accompagnano la pubblicazione di volumi. Si proceda a ritroso, partendo dall’ultimo volume del 2025

«Cresciuto in un contesto culturale dove la politica era religione e la religione politica, formatosi in una Chiesa dove Dio, patria e popolo erano tutt’uno, Jorge Mario Bergoglio è sempre stato un politico, ha sempre fatto politica. ‘Politica alta’, spiega, mai politica di partito. Ma non c’è alta politica senza la politica concreta. Di entrambe si occupa questo libro, che di Bergoglio studia idee e azioni, affinità e ostilità, convinzioni e contraddizioni, successi e fallimenti. Alieno agli intenti apologetici delle sue biografie, estraneo alle diatribe che la sua figura ha generato in seno alla Chiesa, Loris Zanatta ne ripercorre con spirito critico la parabola, dagli inizi a Buenos Aires agli ultimi anni in Vaticano. Il profilo che ne esce è quello di un moderno erede della cristianità antica. Di una cristianità, quella ispanica, in trincea perenne contro i nemici che la erosero e sconfissero, la frammentarono e marginalizzarono: l’illuminismo e il razionalismo, il liberalismo e il capitalismo, Giovanni Calvino e John Locke, la secolarizzazione e la globalizzazione, i nemici eterni ora dichiarati ora occulti. Bergoglio parla oscuro ma ha idee chiare, dissimula gli obiettivi ma non li perde mai di vista, si adatta all’ambiente per meglio conquistarlo. Un gesuita allusivo e flessibile che ama confondere le tracce e mischiare le carte, compiacere tutti senza identificarsi con nessuno, governare con mano di ferro ma farsi piccolo e umile per sedurre e convertire»

In realtà, in questo volume si è fatto ricorso a una chiave interpretativa avanzata alcuni anni prima, nel 2020, in un volume che intendeva illustrate un orientamento preciso, su cui allineare Juan Domingo Perón, Fidel Castro e Jorge Mario Bergoglio: «il populismo gesuita» (con cui è rimandati all’altra componente della sua personalità: l’appartenenza alla Compagnia di Gesù).

«Un filo rosso attraversa la storia latinoamericana. Risale alla Conquista, passa per le missioni del Paraguay, subisce l’espulsione borbonica, incrocia le spade col liberalismo, risorge coi populismi fino ad approdare a Roma, al soglio pontificio. È il filo gesuita, custode di una poderosa visione del mondo che impregna l’universo morale e materiale dell’America Latina. Suo cardine è l’utopia cristiana, il sogno del Regno di Dio in terra, impermeabile alla corruzione del mondo e della storia; suo modello la cristianità coloniale, Stato cristiano dove si fondevano unità politica e unità spirituale, suddito e fedele. L’ordine sociale? Un organismo naturale conforme alla volontà di Dio. Gerarchia, unanimità, corporativismo erano i pilastri; la fede il collante; lo Stato etico il guardiano. Peronismo, castrismo, chavismo: i più potenti populismi latini sono uniti da quel filo. Da esso emana la teologia del popolo che ispira papa Francesco. C’era una volta, predicano, un popolo puro che viveva in armonia e condivideva una cultura formata dalla sua fede. Ma ecco le idee ‘straniere’, il liberalismo senza patria, i protestanti individualisti, il capitalismo egoista, il secolarismo indifferente a Dio corromperne l’anima, disgregarne l’unità, minacciarne l’identità. Contro tali eterni nemici dei popoli d’America s’erge il leader populista, redentore che brandendo la croce della fede e la spada della giustizia sottrae il popolo eletto alla schiavitù e lo conduce alla terra promessa. Non tutti i populismi latini sono gesuiti, né tutti i gesuiti sono populisti. In tutti i ‘populismi gesuiti’ è però evidente l’impronta gesuita. Per tutti combattere la ricchezza, fonte di corruzione, è più importante che estirpare la ‘santa povertà’, garanzia di moralità. Studiandoli, questo libro indaga le radici culturali delle grandi piaghe storiche dell’America Latina: autoritarismo, povertà, disuguaglianza»

In verità, sulla base di una competenza accumulata nel corso degli anni, nel 2014, poco dopo l’elezione di papa Francesco, Loris Zanatta era partito a delineare il carattere peculiare dell’dell’Argentina, una «nazione cattolica», in cui alla fine tutti risultano essere peronisti – una dittatura sanguinaria, i Montoneros e i politici tradizionali.

«Dio vuole la patria unita e in ordine, dicevano i militari. Dio è dove c’è giustizia sociale, ribattevano gli studenti. Una patria cattolica non può licenziare i lavoratori, gridavano gli operai in sciopero. Pur di ottenere la civiltà dell’amore cara a Dio, rincaravano i gruppi armati, è lecito sacrificare vite nella rivoluzione. Il peronismo è un movimento umanista e cristiano; no, il peronismo è la via attraverso cui il popolo edifica il socialismo. Tutti in nome di Dio, tutti in nome del popolo. Questo libro indaga l’intreccio di storia politica e religiosa in Argentina, dagli anni Sessanta fino all’ultima dittatura militare, e scopre che all’origine della sua storia è il mito di una nazione cattolica. Un mito divenuto presto una camicia di forza; un mito che, nato per unire, ha diviso fino all’odio fratricida: cattolica si proclamava la dittatura del 1966, cattolica e cresciuta nelle parrocchie era la guerriglia, cattolico il peronismo tornato al potere nel 1973, cattoliche le sue fazioni in guerra tra loro, fino al regime cattolico che pretesero di incarnare i militari giunti al potere nel 1976. Solo allora, dinanzi alla tragedia, una parte crescente della Chiesa e degli argentini iniziò a scoprire le virtù della laicità, della democrazia politica e dello Stato di diritto»

Il volume ripartisce la biografia in cinque momenti, dalle caratteristiche decisive: Il mondo di Bergoglio, 1936-1973; Il provinciale [della Compagnia], 1973-1983; Morto e risorto, 1983-2001; Il caudillo, 2001-2013; Papa Francesco [2013-2025].

A dire il vero, una volta girata l’ultima pagina dell’ultimo libro, non si può fare a meno di risollevare la domanda: «Bergoglio era peronista?» – con le conseguenze che ne potevano derivare. Non ha però trovato una risposta adeguata. Eccessive sono le forzature del quadro interpretativo, che vuole ricondurre alla tesi di fondo ogni avvenimento. Peraltro, appare palese un rifiuto personale del personaggio, al punto da dimostrare talora una palpabile ostilità. Eppure, era davvero una buona occasione per sottrarsi allo tsunami celebrativo, un’onda partita da lontano.

Nel momento in cui sulla cattedra di Pietro si succedono prelati di svariate provenienze, sia prima dell’elezione sia dopo la sua accettazione è opportuno tenere conto del peso del diverso retroterra antropologico, culturale e politico, di cui sono stati comunque pervasi: l’Argentina di Jorge Mario Bergoglio, la Baviera di Joseph Ratzinger, la Polonia di Karol Wojtyła, il lombardo-veneto di Albino Luciani, Giovanni Battista Montini e Angelo Giuseppe Roncalli (paesi tutti cattolicissimi), e perfino la Roma di Eugenio Pacelli.

 

Loris Zanatta, Bergoglio. Una biografia politica, Bari – Roma, Laterza, 2025

Loris Zanatta, Il populismo gesuita. Perón, Fidel, Bergoglio, Bari – Roma, Laterza, 2020

Loris Zanatta, La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell’Argentina di Bergoglio, Roma – Bari, Laterza, 2014