
Il giorno della morte di Joseph Ratzinger, già papa Benedetto XVI (eletto nel 2005, indicato come “papa emerito” tra la rinuncia nel febbraio 2013 e la morte alla fine dell’anno 2022), è stato reso noto il suo «testamento spirituale»[1], che egli aveva sottoscritto il 29 agosto 2006, oltre un anno di distanza dalla sua elezione a papa, avvenuta il 19 aprile 2005. A quanto sembra, non venne da lui modificato in seguito. Inoltre, il testo fu divulgato nella versione italiana dai media vaticani immediatamente dopo la sua scomparsa il 31 dicembre 2022: segno che per tempo si era proceduto a tradurre l’originale in lingua tedesca.
Se la morte inattesa e repentina, il 28 settembre 1978, di papa Giovanni Paolo I (Albino Luciani, già patriarca di Venezia) non gli aveva consentito di pensare a dettarne uno sua volta, più tormentata era stata la stesura di un testamento da parte di Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005)[2]. In maniera esplicita il papa polacco faceva riferimento al testamento Paolo VI (cui si rifaceva persino nelle disposizioni relative alle esequie): «Durante gli esercizi spirituali ho riletto il testamento del Santo Padre Paolo VI. Questa lettura mi ha spinto a scrivere il presente testamento». Il testo era stato redatto nell’anno successivo alla sua elezione al pontificato, vale a dire il 6 marzo 1979, e dall’inizio si diffondeva soprattutto in uno slancio di devozione mariana. Conteneva peraltro una disposizione insolita (tra l’altro, l’esatto opposto di quanto disposto a suo tempo da Pio IX): «Gli appunti personali siano bruciati». A più riprese il papa ritorna sul testo, sempre nel corso degli esercizi spirituali – una prima volta il 24 marzo 1980, quando allarga lo sguardo sullo stato della Chiesa cattolica nel mondo, in cui ha individuato un tratto caratteristico dei tempi: «I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile e tesa è diventata anche la vita della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi – tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori. In alcuni Paesi (come p.e. in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell’odio. Sanguis martyrum – semen christianorum. E oltre a questo – tante persone scompaiono innocentemente, anche in questo Paese in cui viviamo…». Nel corso degli esercizi spirituali del 1982 (il 5 marzo) non poteva mancare un accenno: «L’attentato alla mia vita, il 13.V.1981, in qualche modo ha confermato l’esattezza delle parole scritte nel periodo degli esercizi spirituali del 1980».
Durante gli esercizi spirituali dell’anno giubilare, tra 12 e 18 marzo 2000, Giovanni Paolo II, da alcuni anni molto provato fisicamente, elabora una riflessione di largo respiro, riscontro della coscienza che ebbe del periodo del proprio pontificato: «Man mano che l’Anno Giubilare 2000 va avanti, di giorno in giorno si chiude dietro di noi il secolo ventesimo e si apre il secolo ventunesimo. Secondo i disegni della Provvidenza mi è stato dato di vivere nel difficile secolo che se ne sta andando nel passato». Dopo avere ricordato l’attentato del 1981, egli rivelava una notevole consapevolezza: «Come ogni anno durante gli esercizi spirituali ho letto il mio testamento del 6.III.1979. Continuo a mantenere le disposizioni contenute in esso. Quello che allora, e anche durante i successivi esercizi spirituali è stato aggiunto costituisce un riflesso della difficile e tesa situazione generale, che ha marcato gli anni ottanta. Dall’autunno dell’anno 1989 questa situazione è cambiata. L’ultimo decennio del secolo passato è stato libero dalle precedenti tensioni; ciò non significa che non abbia portato con sé nuovi problemi e difficoltà. In modo particolare sia lode alla Provvidenza Divina per questo, che il periodo della così detta “guerra fredda” è finito senza il violento conflitto nucleare, di cui pesava sul mondo il pericolo nel periodo precedente».
Nel corso di una riunione della congregazione generale dei cardinali, giovedì 10 agosto 1978, fu letto il testo delle ultime volontà di Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1965-1978). Il testamento consiste in uno scritto del 30 giugno 1965, integrato da due aggiunte, una del 1972 e un’altra del 1973. Sono in tutto quattordici pagine manoscritte. Eletto un paio di anni prima, il 21 giugno 1963, papa Paolo VI sottoscriveva il 30 giugno 1965 «alcune note per il mio testamento»[3]. «Fisso lo sguardo verso il mistero della morte», si legge all’inizio di uno scritto che ne confermava la notevole levatura spirituale e la delicatezza umana: «Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno». Colpisce la consapevolezza che egli esprimeva all’inizio di un pontificato non particolarmente lungo, e per certi versi epocale, affidata a un lungo paragrafo: «E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascoltato a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo».
Quanto a Giovanni XXIII produsse un “testamento spirituale e mie ultime volontà”[4]. Il pensiero della morte lo accompagnò per tutta la vita. La prima stesura del documento risale al 1925, anno della sua consacrazione episcopale. Successivamente fu aggiornato a Istanbul, a Parigi e a Venezia. Il testo definitivo è del 1954 (confermato nel 1957). Il lungo testo, riconfermato il 4 dicembre 1959, dopo l’elezione al pontificato dell’anno precedente, rientrava nel genere deprecato da Pio XII, dal momento che trasudava di una spiritualità personale molto affettiva. A Castel Gandolfo, il 12 settembre 1961, sempre nell’attesa dell’«arrivo di sorella morte», ormai ottantenne papa Giovanni XXIII redigeva un appunto: «rinnovo il mio testamento», in cui l’ultimo paragrafo si apre con queste parole: «Poi mi è esultanza del cuore rinnovare integra e fervida la mia professione di fede cattolica, apostolica e romana».
Estremamente essenziale era il testamento di Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958), sottoscritto il 15 maggio 1956[5]. Il pontefice sarebbe morto due anni dopo a Castel Gandolfo, il 9 ottobre 1958. Riferendosi alla temperie in cui era collocato il proprio pontificato, denunciava «la consapevolezza delle deficienze, delle manchevolezze, delle colpe commesse durante un così lungo Pontificato e in un’epoca così grave ha reso più chiare alla mia mente la mia insufficienza e indegnità». Nel breve testo si registrava l’impeto di una dichiarazione: «Non ho nemmeno bisogno di lasciare un “testamento spirituale”, come sogliono lodevolmente fare tanti zelanti Prelati; poiché i non pochi Atti e discorsi, da me per necessità di officio emanati o pronunziati, bastano a far conoscere, a chi per avventura lo desiderasse, il mio pensiero intorno alle varie questioni religiose e morali». All’epoca del faticoso tramonto di un lungo pontificato, il testo esprimeva il carattere schivo del personaggio, quasi egli fosse desideroso scomparire, nello stesso momento in cui rivendicava la centralità del proprio pontificato.
Non si hanno testamenti veri e propri di Pio X (Giuseppe Sarto, 1903-1914), Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, 1914-1923) e Pio XI (Achille Ratti, 1923-1939). Per i primi due pontefici si è voluto in qualche modo dare analogo valore a dichiarazioni alquanto impegnative esternate verso la fine della loro esistenza.
“Il Testamento del Papa 1878-1902” (in alto sulla copertina il motto Lumen de coelo) era addirittura un opuscolo a stampa di una trentina di pagine, che uscì l’anno prima della morte di Leone XIII (Gioacchino Pecci, 1878-1903)[ritratto nell’immagine][6]. Alla fine è riportata la data del 19 marzo 1902. Si rimane abbastanza sconcertati di fronte alle caratteristiche di quel testo, pubblicato sul limitare dell’esistenza terrena, nel momento in cui non si prospettava ancora una via d’uscita alla ”questione romana”, insorta con la dissoluzione dello Stato pontificio. Indirizzato ai vescovi della Chiesa cattolica, esponeva, o meglio “dettava la linea” su una serie di argomenti, esposti in distinti paragrafi, le cui intestazioni si commentano da sole: La situazione della Chiesa; La Chiesa sarà sempre perseguitata; Dal paganesimo alla «Riforma»; Dalla «Riforma» all’ateismo; Il perturbamento morale; Il perturbamento politico-sociale; Libertà, istruzione, progresso non bastano; Bisogna tornare alla Chiesa; La Chiesa non è nemica della scienza; La Chiesa non è nemica della libertà e dello stato [minuscolo…]; La Chiesa e la massoneria; La guerra al sacerdozio; La guerra al Papa; La Chiesa vincerà; Il clero, il laicato e le missioni; I doveri dei cattolici. Si trattava di un testo che, pur tra molti auspici, trasuda un pessimismo incoercibile. Il papa si rivelava il portavoce di un intransigentismo senza sfumature ed in effetti quello fu il suo lascito testamentario.
Andando a ritroso si arriva allora al testamento di Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878), la cui vicenda testuale è stata analiticamente ripercorsa da da monsignor Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto (ora Apostolico) Vaticano, in realtà al plurale “I testamenti di Pio IX”, redatti nel 1841-1845 e poi nel 1863-1877” (“Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 70, 2016, pp. 73-100). La prima redazione, scritta dopo essere divenuto cardinale, sembra essere stata dettata per un persistente pensiero della morte (singolare per il prelato che più a lungo ha seduto sulla cattedra di san Pietro). Fu aggiornato di codicilli sino al dicembre 1845, cinque mesi prima di essere eletto papa. Si trattava di un testamento meramente patrimoniale. Analoghi codicilli furono aggiunti soltanto nel 1863 e nel 1865, quando era già in atto la progressiva disgregazione dello Stato pontificio. Lo Stato papale si era dissolto e la vita dell’anziano prelato si avviava alla sua conclusione terrena, quanto Pio IX redasse nel 1875 un testamento olografo, rinvenuto in un cassetto della scrivania del pontefice. In quelle ultime volontà non ci si allontanava da una dimensione meramente patrimoniale.
È francamente banale affermare che ognuno di quei testamenti riflettesse sia la personalità, e la spiritualità, di ciascun pontefice sia la temperie storica del momento in cui fu redatto. Ritornando al testamento spirituale di Benedetto XVI, il suo tenore riflette in effetti la personalità del papa bavarese, sin dalle prime parole: «Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare». Addirittura scrisse: «E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso». Poi, quasi seccamente: «A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono» (senza nessuna precisazione ulteriore). La parte finale occupa un’ampio spazio, e vale la pena di riprodurla integralmente:
«Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede».
Tale argomentata esposizione risulta essere nello stesso tempo un riflessione autobiografica e, data la circostanza, il programma di un pontificato. «La ragionevolezza della fede» trova la propria conferma nel crollo di «tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi». Con la puntigliosità del professore universitario si elencano i nomi dei rappresentanti delle “generazioni” sconfitte. Un lascito per i propri allievi e certo non un messaggio di grande respiro per quanti fanno riferimento alla Chiesa cattolica.
[1] https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/elezione/documents/testamento-spirituale-bxvi.html (08/2023). Questo è il link della traduzione in italiano. Nel sito del Vaticano si può consultare il testo dell’originale in lingua tedesca – oltre a un certo numero di tradizioni in altre lingue.
[2]https://www.vatican.va/gpII/documents/testamento-jp-ii_20050407_it.html (08/2023) Nel sito del Vaticano si trova soltanto una traduzione in italiano dall’originale in lingua polacca.
[3] https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1978/august/documents/hf_p-vi_spe_19780810_testamento-paolo-vi.html (08/2023) Oltre al testo originale in italiano, nel sito della Santa Sede si possono leggere traduzioni in diverse lingue.
[4]https://www.vatican.va/content/john-xxiii/it/speeches/1963/documents/hf_j-xxiii_spe_19630603_testamento-giovanni-xxiii.html (08/2023) Nel sito del Vaticano, oltre al testo in italiano, si può consultare un’unica traduzione in spagnolo.
[5]https://www.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1956/documents/hf_p-xii_spe_19560515_testamento.html (08/2023).
[6]Milano, Tipografia dell’Osservatore Cattolico, 1902. La stampa è riprodotta nel sito tradizionalista Sursum corda, da cui si può scaricare il PDF.