
“In Vietnam sono sicuro che ci andrà Giovanni XXIV, questo è sicuro”
(Il Sole – 24 ore, 4 settembre 2023)
Sull’aereo che lo riportava dalla Mongolia a Roma, scherzosamente (o forse no) papa Francesco ha dichiarato che ormai questi viaggi stavano diventando troppo faticosi per lui e che altri viaggi avrebbe potuto farli un suo successore di nome Giovanni XXIV.
Nel 2014, a un anno dalla sua elezione di Jorge Mario Bergoglio a romano pontefice, in una intervista rilasciata a La Stampa da monsignor Loris Capovilla, l’antico segretario di papa Roncalli rivelava che, quando nel corso del conclave del 2005 l’arcivescovo di Buenos Aires aveva raccolto un certo numero di consensi, aveva manifestato l’intenzione di essere chiamato Giovanni XXIV, a indicare la volontà di proseguire sulla strada aperta da Giovanni XXIII, che aveva convocato e aperto il Concilio Vaticano II (nella foto la firma del documento di indizione).
In considerazione del carattere programmatico che assumeva il nome di un nuovo pontefice, è importante ricordare che nel 1978 Albino Luciani non seppe optare tra i suoi predecessori e divenne Giovanni Paolo I (si vociferò che avesse in animo, invece, di essere chiamato Pio XIII, e anche di Karol Woityla corse la voce che avrebbe inizialmente optato per Stanislao, in onore del patrono della Polonia, san Stanislao di Cracovia [†1079]). Quanto a papa Francesco, le motivazioni addotte per la scelta di Jorge Mario Bergoglio sono state diffusamente narrate.
Nel primo millennio della nostra era i successori di Pietro a Roma non cambiavano il proprio nome (ci fu un’eccezione per un personaggio, il cui nome era Mercurio di Proietto: per evidenti motivi fu mutato in Giovanni, secondo di quel nome: dal 533 al 535). Si iniziò a cambiare il proprio nome di battesimo con Gerberto di Aurillac, che si fece chiamare Silvestro II (999-1003). Precettore del giovane Ottone III (†996), in tal modo voleva accreditare l’idea che l’imperatore fosse stato un nuovo Costantino, riprendendo dunque il nome del papa che era stato accostato a quell’imperatore romano.
Cambiare il proprio nome lo si fece con regolarità a partire dai vescovi tedeschi di nomina imperiale, che si succedettero negli anni ’40-’50 del secolo XI, assumendo un nome che li rendeva immediatamente percepibili come autentici successori dei primi papi delle origini cristiane: Clemente II, Damaso II, Leone IX, Vittore II, Stefano II. Con il tempo quella scelta assunse il carattere di simbolo programmatico dell’orientamento di un nuovo pontificato.
Poche furono le eccezioni nel corso dei secoli successivi. Il carattere programmatico nella scelta del nome di un neo-eletto papa ebbe una particolare accentuazione dopo la canonizzazione di Pio V nel 1712. Unico pontefice di età moderna di cui fu proclamata ufficialmente la santità, il nome dell’antico frate domenico e inquisitore, Michele Ghislieri, fu collegato alla battaglia di Lepanto del 1572, che arrestò l’espansione dell’impero ottomano verso l’Europa occidentale, nell’anno della sua morte. A partire da Pio VI (1775-1799) si sono succeduti una serie di papi che ne hanno ripreso il nome, in tal modo presentandosi da subito come i difensori della civiltà cristiana nei confronti di un nuovo nemico mortale – fino a Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958).
Prima del viaggio di ritorno dalla Mongolia papa Francesco avrebbe fatto la medesima battuta rispondendo al vescovo di Ragusa, che lo invitava a visitare la propria diocesi nel 2025.
Quella battuta riaccendeva le reazioni ostili degli ambienti tradizionalisti, che avevano paventato una successione papale da parte di un pontefice con il suo stesso nome. Nel novembre 2017 uscì «un racconto distopico» di Aldo Maria Valli, vaticanista della RAI dal 1996, andato in pensione nel 2020 (il suo blog Duc in altum dà ampio rilievo alle posizioni del tradizionalismo cattolico). In quel suo pamphlet: Come la Chiesa finì (Macerata, Liberilibri, 2017), egli immagina che una successione di papi sudamericani, tutto con lo stesso nome, da Francesco II a Francesco XXX, avrebbe condotto alla dissoluzione della Chiesa. Era una sarcastica e manipolatrice risposta a quanti si interrogavano quale successione papale avrebbe potuto consolidare le riforme avviate da papa Bergoglio – Francesco (I).
L’indicazione del nome Giovanni XXIV ha consentito ai medesimi ambienti di vociare all’antipapa. In effetti, durante gli ultimi anni del grande scisma d’Occidente (1378-1417) si arrivò ad avere addirittura tre prelati che nel medesimo tempo sostenevano di essere i legittimo pontefice. Il nome di Giovanni XXIII fu assunto da Baldassarre Cossa, che fu costretto alla rinuncia per non ostacolare il nuovo romano pontefice, Martino V (1417-1431), ritenuto l’unico legittimo: con lui si poneva fine a quello scisma. A dire il vero lo stesso Annuario Pontificio lo aveva annoverato per un certo periodo tra i pontefici legittimi, finché non fu espunto per volontà di papa Roncalli: che prima dell’elezione, invece, aveva pubblicamente dichiarato di considerarlo un antipapa. Per i tradizionalisti, quiandi, un papa di nome Giovanni XXIV non sarebbe stato soltanto il successore di papa Roncalli, ma anche di quel lontano antipapa.
Sono ragionamenti alquanto difficili da seguire, anche perché si basano su considerazioni infondate.