INTERROGANDO I SILENZI DI PIO XII

Dai quotidiani usciti l’8 settembre 2023

Papa Francesco è stato fatto oggetto di un pesante attacco da parte di Mykhailo Podolyak, il capo consigliere del presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyy, per l’azione diplomatica messa in atto dalla Santa Sede:  «Non può essere un mediatore, è filorusso».

Papa Francesco è stato attaccato perché parla, Pio XII è stato criticato per i suoi silenzi – ma anche per le sue esternazioni.

Un testo di Emmanuel Mounier [nella foto] si presta a un’ampia serie di considerazioni, a proposito della diplomazia pontificia. Nel 1967 veniva stampato dalla casa editrice La locusta di Vicenza un libretto in cui erano raccolti alcuni scritti , apparsi in diverse pubblicazioni fra 1938 e 1939, e relativi alla pace, con il titolo I silenzi di Pio XII e altri articoli. Alcuni anni prima, nel 1963, il dramma teatrale di un scrittore tedesco, Rolf Hochhuth,  Der Stellvertreter (in traduzione italiana Il Vicario), aveva messo in discussione l’atteggiamento di papa Pacelli, ritenuto acquiescente di fronte al nazismo e silenzioso in relazione alla Shoah. La discussione in merito era stata molto accesa e si riaccenderà a più riprese. Il testo di Mounier fu ripubblicato nel 1964.

Sulla bandella l’editore, Rienzo Colla, annotava brevemente: «Gli articoli che qui pubblichiamo, scritti nel 1938-39, quando tutti, o quasi, chiudevano gli occhi, hanno oggi il valore e la portata di un avvertimento». Erano stati in effetti gli anni in cui, con l’acquiescenza delle potenze occidentali, Adolf Hitler e il Terzo Reich annettevano l’Austria (13 marzo 1938) e smembravano la Cecoslovacchia, annettendo i Sudeti e creando il Protettorato di Boemia e Moravia (30 settembre 1938). Il 23 agosto 1939 a Mosca era stato firmato un patto di non aggressione tra la Germania e l’Unione sovietica. Il 1°settembre 1939 le truppe tedesche invadevano la Polonia.

Il cardinale Eugenio Pacelli era stato eletto pontefice dal conclave dei cardinali il 2 marzo 1939 e aveva assunto il titolo di Pio XII, succedendo a Pio XI (Achille Ratti), morto il 10 febbraio 1939 senza poter pronunciare quella condanna del nazismo cui stava lavorando da qualche tempo.

Il 5 maggio 1939 appariva sulle pagine di Le Voltigeur l’intervento di Emmanuel Mounier, Interrogando i silenzi di Pio XII. Il testo affrontava il problema dell’esistenza di «un’opinione pubblica cattolica», premettendo che nel merito si trattava di pronunciare «un giudizio difficile». Alla radice del suo intervento si collocava la recente invasione del Regno di Albania da parte delle truppe del governo fascista del Regno d’Italia, che aveva portato alla sua annessione  (7-12 aprile 1939): il «Venerdì Santo 1939».

«Il giorno di Venerdì Santo, in quello stesso giorno in cui un tempo persino il più rude conquistatore rispettava la tregua di Dio, l’esercito della nazione più cattolica d’Europa (per il numero dei suoi fedeli) si lancia in un’aggressione brutale e in un’invasione di territorio ai danni di un piccolo popolo disarmato. Due giorni dopo, nella festa di Pasqua, il capo della cristianità pronuncia un’allocuzione, peraltro prevista anteriormente ai fatti. In termini molto generali, chiama i popoli alla pace. In termini più precisi, condanna le violazioni della parola data. Il mondo, dolorosamente sorpreso, non sente nessuna parola dalla sua bocca su questo Venerdì Santo di sangue».

Ancor più spinosa era la questione dell’atteggiamento del nuovo pontefice nei confronti della «Cose di Spagna». Il primo aprile del 1939 si era conclusa la guerra civile in Spagna, in cui avevano prevalso i nazionalisti che l’avevano scatenata il 17 luglio 1936. Le ferite inferte in quei tre anni erano allora ben aperte.

«Otto giorni dopo questo primo messaggio l’allocuzione ai cattolici di Spagna doveva accrescere il nostro turbamento. Non si trattava più di silenzi, ma di affermazioni. Vostra Santità si felicitava con «la parte sana del popolo spagnolo» per essere entrata in guerra «allo scopo di difendere l’ideale della fede e della civiltà cristiana»; esaltava i «nobilissimi sentimenti cristiani di cui hanno dato prove evidenti il Capo dello Stato [cioè il dittatore Francisco Franco] e tanti fedeli collaboratori»; riteneva che il procedimento usato per strappare la Spagna alle forze disgregatrici è «la prova più alta» che si possa dare sulla supremazia della religione e dello spirito; credeva opportuno, infine, di avvicinare questa crociata all’evangelizzazione del Nuovo Mondo, nel XVI secolo, compiuta dagli stessi conquistatori spagnoli. Come, conoscendo certi fatti che naturalmente hanno avuto qualche difficoltà a passare la linea di dogana innalzata dell’Impero fascista attorno alla Città del Vaticano, come non confessare il proprio turbamento?».

Non a caso vi si  ricordava «una repressione di cui Bernanos ha denunciato l’orrore», cioè Les Grands Cimitières sous la lune, un pamphlet apparso a stampa nel1938 (la traduzione I grandi cimiteri sotto la luna fu pubblicata soltanto nel 1953).

In effetti altri due testi inclusi nella raccolta italiana, datati primo marzo 1939, aventi per oggetto il pontificato di Pio XI (Pio XI, Papa dell’unità umana)  e la questione dell’antisemitismo (L’antisemitismo che non osa dire il suo nome), proprio alla vigilia dell’elezione di Pio XII attestavano quali fossero fervide le attese di alcuni ambienti cattolici francesi nei confronti del nuovo papa.

 

Alle posizioni di Mounier si accennava all’inizio di un articolo di Giovanni Maria Vian (dal 2007 al 2018 direttore de L’Osservatore Romano): Il silenzio di Pio XII: alle origini della leggenda nera, in «Archivum historiae pontificiae», 42 (2004), pp.  223-229 – con una ricostruzione fortemente semplificatrice, quando invece si legga il testo dell’intellettuale francese nella sua integralità (purtroppo troppo lungo per riportarlo in questa sede). L’inizio dei silenzi sono intitolate le pagine che Andrea Riccardi dedica a quel testo di Mounier in La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo e gli ebrei (Laterza, Bari-Roma, 2022, pp. XII-XIV.