
ALL’INFERNO I PECCATORI
Con questa invettiva chiudeva le proprie prediche Matteo da Bascio († 1552), un francescano divenuto eremita e predicatore itinerante. Nel corso dei secoli la minaccia delle punizioni dell’inferno non è mai venuta meno nella pastorale cattolica.
Intervenendo alla trasmissione Che tempo che fa del 14 gennaio 2024 papa Francesco dichiarava: «Questo non è dogma di fede quel che dirò: a me piace pensare all’inferno vuoto, è un piacere, spero che sia realtà». La sua affermazione era stata alquanto semplificata dalla stampa: nei titoli si riportava che secondo il pontefice l’inverno non esisteva.
Bergoglio aveva accennato all’inferno in precedenza, peraltro in maniera del tutto occasionale, nel 2015, durante la visita alla parrocchia romana di Santa Maria Madre del Redentore: «All’inferno non ti mandano, ci vai tu, perché scegli di essere lì. L’inferno è volersi allontanare da Dio perché non voglio l’amore di Dio”». Sull’argomento era tornato il 25 novembre 2016 durante la messa celebrata a Santa Marta.
Il quotidiano La Repubblica pubblicava il 29 marzo 2018 il resoconto di un “colloquio” con Eugenio Scalfari, in cui al papa erano attribuite le seguenti parole: «Le anime cattive non vengono punite, quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici».
Sulla base di quella dichiarazione il Times aveva appunto intitolato: «Papa Francesco abolisce l’inferno». Non si trattava di un’affermazione nuova per il papa. Scalfari gliela aveva attribuita tre volte tra il 2014 e il 2017, senza ricevere alcuna smentita: «Papa Francesco – lo ripeto – ha abolito i luoghi di eterna residenza nell’Aldilà delle anime. La tesi da lui sostenuta è che le anime dominate dal male e non pentite cessino di esistere mentre quelle che si sono riscattate dal male saranno assunte nella beatitudine contemplando Dio». A dire il vero, in quella occasione si precisò formalmente che le parole di Bergoglio erano state riportate dal giornalista in maniera erronea.
Per le polemiche sollevate dai suoi critici e dagli oppositori, dopo la trasmissione il papa fu costretto a meglio precisare il proprio pensiero, che in sostanza corrispondeva alle dichiarazioni fatte in precedenza: «Non vengono punite, quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici» (15 gennaio 2024).
In verità le affermazioni attribuite a papa Bergoglio riecheggiano le riflessioni di un altro gesuita, il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar (tra i fondatori della rivista Communio). Erano state condensate in una formula alquanto semplificata: «l’inferno esiste, ma è vuoto» – a volte accompagnata da una motivazione, secondo cui l’inferno esiste perché Dio è giusto, ma è vuoto perché Dio è misericordioso. Alcuni anni fa aveva riassunto i termini della discussione padre Giandomenico Mucci, sulle pagine di La Civiltà Cattolica, l’autorevole rivista redatta da un gruppo di gesuiti (ancora considerata una voce ufficiosa della Santa Sede).
«È diventato un luogo comune in Italia citare Hans Urs von Balthasar come il teologo che ha detto che l’inferno esiste, ma è vuoto. L’equivoco nacque, o fu fatto nascere, nel 1984 dopo il Convegno romano sulla figura e sul pensiero di Adrienne von Speyer, durante il quale il teologo svizzero riprese la sua riflessione escatologica che già nel 1981 aveva suscitato aspre critiche nell’area teologica di lingua tedesca e ancora nel 1987 costringeva il suo autore a difenderla. La tesi si avvale dell’autorità di alcuni Padri della Chiesa, tra i quali Origene e Gregorio Nisseno, ed è condivisa da non pochi teologi contemporanei, tra i quali Guardini e Daniélou, de Lubac, Ratzinger e Kasper, e da scrittori cattolici come Claudel, Marcel e Bloy.
Ai suoi critici von Balthasar replicava: “La soluzione da me proposta, secondo la quale Dio non
condanna alcuno, ma è l’uomo, che si rifiuta in maniera definitiva all’amore, a condannare se
stesso, non fu affatto presa in considerazione. Avevo anche rilevato che la Sacra Scrittura,
accanto a tante minacce, contiene pure molte parole di speranza per tutti”».
Nel 1987 il gesuita svizzero in effetti pubblicò un piccolo volume, in cui precisava la propria opinione e ritornava sulla disputa che ne era seguita. Alle sue conclusioni si possono dunque agevolmente ricondurre le affermazioni attribuite a papa Bergoglio.
Il voluminoso Catechismo della Chiesa cattolica, redatto da una commissione di teologi presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicato da papa Giovanni Paolo II nel 1992, così recita nella versione in lingua italiana: «La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, “il fuoco eterno”. La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira» (# 1035).
Negli ambienti tradizionalisti all’interno della Chiesa cattolica quelle indicazioni possono essere declinate in diversi modi: «In primo luogo come non si può escludere che nessuno abbia mai peccato mortalmente, così – applicando il medesimo criterio logico ma rovesciato – non si può escludere che qualcuno abbia peccato mortalmente e quindi si meriti un castigo eterno. In secondo luogo se si ammette l’esistenza dell’Inferno si deve ammettere almeno la presenza di un’anima dannata» (Tommaso Scandroglio, L’Inferno esiste, non è vuoto e le anime non si annullano: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 marzo 2018).
In quegli ambienti tradizionalisti , sia pure con una varietà di sfumature, non si può rinunciare all’Inferno con l’iniziale maiuscola, e in particolare che i peccatori vi debbano essere destinati per l’eternità. Basti pensare al credito attribuito alla prima parte del c.d. “segreto di Fátima”, nella versione messa per iscritto nel 1941 da suor Lucia, in relazione alle visioni avute nel 1917. Assieme ad altri testi del genere circola ampiamente in una letteratura “popolare”.
In questi tempi personaggi come monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo merito e già nunzio papale, strenuo oppositore di papa Francesco, estremizzano nei propri interventi la realtà della minaccia dell’Inferno, all’interno dell’ottica di sostanziale necessità di una divina punizione per le colpe degli uomini.
Riferimenti bibliografici
Hans Urs von Balthasar, Was dürfen wir hoffen? 1986. Traduzione italiana: Sperare per tutti. In appendice Apocatastasi, Milano, Jaca Book, 1989 (riedito nel 2017).
Giandomenico Mucci, L’inferno vuoto, in “La Civiltà Cattolica”, n. 3788 (19 aprile 2008).